martedì 9 settembre 2008

The Village


CAPITOLO 2


The Village
di M. Night Shyamalan

Informazioni essenziali


Breve biografia del regista

Manoj Nelliyattu Shyamalan, conosciuto come M. Night Shyamalan, nasce nel sud dell'India, nel 1970, da genitori indiani d'origine residenti negli USA. A sei settimane dalla nascita, giunge a Penn Valley, un sobborgo di Philadelphia. Formatosi in scuole cattoliche, si trasferisce poi a Manhattan dove, nel 1992, si laurea alla Tisch School of Arts (TSOA). Con due film minori alle spalle, all'età di 27 anni girerà il film campione d'incassi Il sesto senso, facendo così voltare lo sguardo del mondo del cinema sulle sue opere successive, grazie anche ai twist endigs, suo marchio di fabbrica che affascinerà gli spettatori. Con sette film all'attivo e uno in lavorazione, una casa di produzione da lui fondata (la 'Blinding Edge Pictures'), M. Night Shyamalan è tra i registi più considerati nel panorama cinematografico dell'ultimo decennio.

Praying with Anger (1992)
Ad occhi aperti (Wide Awake, 1998)
Il sesto senso (The Sixth Sense, 1999)
Unbreakable - Il predestinato (Unbreakable, 2000)
Signs (2002)
The Village (2004)
Lady in the Water (2006)
E venne il giorno (The Happening, 2008)

In ogni sua opera cinemografica Shyamalan mostra un mondo fantastico fatto di creature immaginarie come fantastmi, supereroi o alieni, che si mescolano con la nostra realtà. Tramite il racconto fantastico egli può raccontare storie che trattano le grandi tematiche proprie dell'uomo, come la fede, l'amore, i sentimenti o la paura, e tentare di riportare lo spettatore a provare quelle emozioni che sentiva in giovinezza, quando il buio era ancora un elemento generatore di visioni terrificanti.
Tramite i suoi racconti fantastici vorrebbe ricreare quella realtà sfuggente propria dei sogni, fatta di emozioni potenti, ma anche di incubi terribili (1).
In The Village viene raccontata la paura dell'ignoto tramite il punto di vista di una comunità di fine Ottocento, la cui tranquilla vita di campagna e l'innocenza delle persone permetteva ancora un sincerità di sentimenti che al giorno d'oggi risulta affievolita (2).

La natura artistica del regista

Ogni artista utilizza un proprio codice comunicativo e un proprio gergo, entrambi riconducibili all'inflazionatissima terminologia di 'stile' e 'genere' che viene loro affibiata. Purtroppo, specialmente nel XXI secolo, con l'avanzare della globalizzazione i concetti di 'arte' e di 'prodotto commerciale' vengono spesso confusi e quindi ci si trova a parlare più dello stile e del genere dell'artista che non dell'artista stesso, in funzione del riscontro mass-mediatico ottenuto.
L'opera d'arte può rendersi molto più fruibile e comunicativa rispetto a un prodotto di commercio, che invece mira a un target specifico secondo criteri di vendibilità e di mercato, eppure, anche se più ad ampio spettro, non ha certezze, perché non mira a nulla se non alla concretizzazione di se stessa. Al contrario, la comunicazione mass-mediatica per la vendita di un prodotto ha uno spettro di contaminazione minore, ma possiede senz'altro un riscontro e un ritorno economico sicuro, semplicemente perché fatto ad hoc per un target preciso e certo. Quindi avremo fiction televisive che prima di essere realizzate sono già state vendute alle case distributrici e 'film panettone' che dimostrano la mercificazione di quel genere, perchè utilizzano i comici, le celebrità di fama televisiva e le tematiche sociali da solotto del momento.
Gli artisti allora, da sempre votati al ruolo ipocrita del far da tramite tra linguaggio, senso, idea e movimento, si trovano oggi accaparrati sotto logiche di mercato che tutt'altro hanno a che vedere con la filosofia scenica, estetica e idealistica dell'arte, e molto hanno a che spartire con l'universo spettacolare del commercio mass-mediatico.    I cinema, i teatri, le mostre, i musei, le università e tutte quelle strutture che dovrebbero essere un ponte di lancio verso una diversa e diversificata forma di pensiero,  infiorettano un 'cartellone' e una 'programmazione' da palinsesto televisivo, con cabaret, nomi di richiamo, prodotti usa-e-getta, coloriture colossali e riproduzioni museali di puro gusto voyeristico.
Shyamalan riesce abilmente a superare questa crisi artistica sfruttando a proprio favore le logiche di mercato. Egli è riuscito a bilanciare quell'integrità artistica ricercata dal cinema indipendente e a sfruttare al meglio la commerciabilità del prodotto cinematografico, utilizzando attori di grande impatto mediatico come Bruce Willis o Mel Gibson. Il proprio stile registico rientra anch'esso in questa dinamica di equilibrio. Difatti non accentua volutamente alcune inquadrature o alcune battute, come invece accadrebbe in un certo cinema d'autore, per non appesantire la comprensione e la linearità narrativa. Tali elementi andrebbero probabilmente a influire sul successo a larga scala del film. C'è da dire però che vi si sofferma a sufficienza per suggerire una chiave di lettura ulteriore a quella presentata in superficie, permettedo così un approfondimento tematico.
Nella scelta che il regista ha effettuato per la trasmissione delle proprie forme d'arte c'è sicuramente l'utilizzo delle dinamiche di mercato, ma non sono viste come ostacolo alla trasmissione di idee, bensì come una possibilità da sfruttare, in contrapposizione sia ai film di botteghino, sia a quelle forme d'arte che si segregano all'interno di concetti come 'integrità artistica e morale' per paura di essere 'contaminate' dalle logiche commerciali.
Ejzenstejn a metà del XX secolo già intravedeva questa problematica. Egli infatti sosteneva che:

si è trattato e si tratterà sempre di rompere l'impassibile, assoluta, quotidiana correlazione degli elementi della realtà fenomenica (nel nostro caso, dei fenomeni cromatici) in nome dell'idea e dei sentimenti che cercano di parlare, di cantare o di urlare attraverso quegli elementi. Si tratterà di rompere un'armonia naturale o un'opposizione di colori, toni e tinte, e di ricomporla di nuovo in una qualità diversa, attraverso il prisma della volontà creativa dell'artista che ricostruisce cromaticamente il mondo. (3)

In poche parole, avverte l'artista di non lasciarsi coinvolgere dalla semplice realtà fenomenica e di mantenere la rotta su quelle idee che la propria sensibilità sente e ricerca. è l'artista che ri-costruisce il mondo tramite i colori, e non sono i colori del mondo che costruiscono l'artista.
Di fatto Shyamalan mantiene la rotta sfruttando al meglio il lato commerciale dell'industra cinematografica senza che esso intacchi il modo di trasmettere le proprie idee e la loro integrità. Nelle prossime pagine, si avrà modo di analizzare come.


Trama del film

Un villaggio di fine Ottocento è circondato da un bosco abitato da creature malvagie soprannaturali. Terrorizzati, gli abitanti non oltrepassano mai la linea di confine che delimita il paese. A causa delle ferite gravi di Lucius (Joaquin Phoenix), la sua innamorata Ivy (Bryce Dallas Howard), la cieca figlia del fondatore del villaggio, si sentirà in dovere di oltrepassare il bosco per andare a prendere le medicine nella città più vicina. Dopo essere riuscita a sopravvivere all'attacco di una delle creature e a raggiungere il limitare del bosco, ella scopre che il villaggio in cui è nata e cresciuta in realtà non è altro che parte di una messa in scena voluta da Edward (William Hurt), suo padre, per fuggire dal dolore che la malvagità della società moderna causa. Si scoprirà infatti che in realtà non è il 1897, ma l'epoca attuale.


Genesi del progetto

Per sua stessa ammissione, il regista ha dimostrato di voler essere molto meticoloso nella scelta dell'ambientazione, delle location e in quella degli attori. Voleva che il film riproponesse il senso di angoscia di Cime Tempestose di Emily Brontë, e che questo sfociasse in uno scary movie proprio delle storie di Hansel e Gretel. Per mettere in scena questo tipo di emozioni e sensazioni ha ripreso il periodo storico del libro della Brontë, l'Ottocento, e lo ha farcito di connotazioni fantastiche e tenebrose (4).
La peculiarità che gli uomini del periodo sostiene avessero, ovvero l'innocenza, gli servirà nel film per attuare un forte contrasto tra realtà effettiva e realtà apparente. Infatti sarà l'innocenza e la semplicità degli abitanti del villaggio a permettere il perpetuarsi dell'inganno. Essi così potranno vivere emozioni sincere, ma non aspireranno alla scoperta del mondo e alla conoscenza, costretti dalla paura dell'ignoto (5).

La pellicola è composta da 60 segmenti narrativi comprese le titolazioni di testa e di coda. Tali segmenti, di fatto, non sono veramente scindibili l'uno con l'altro. In questa sede si è preferita questa suddivisione poiché si è tenuto in considerazione più il contenuto narrativo delle scene che non, ad esempio, la tecnica di ripresa. Altri metodi di analisi potrebbero altresì identificare la struttura sintagmatica con un altro criterio di suddivisione.
Il film è in ogni caso composto da tre macro-segmenti narrativi: La realtà conosciuta, Sconvolgimento della realtà, Lotta per un ritorno alla realtà iniziale.
Conseguentemente tali macro-segmenti possono essere suddivisi ulteriormente in macro-nuclei narrativi: Prologo, La realtà incipiente, Primo e secondo trauma, Allontanamento, Incontro e superamento delle difficoltà, Raggiungimento dell'obiettivo, Ritorno a casa.
Così procedendo, si è arrivati alla suddivisione in 60 segmenti narrativi, di lunghezza variabile, ma strutturati in maniera precisa

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