martedì 9 settembre 2008

Le tematiche narrative in funzione dell’analisi strutturale del film



Si analizzeranno ora le tematiche che emergono dal testo filmico e a come vengono illustrate nel profilmico.
Nel capitolo 3, dunque, esse verranno riprese in correlazione all'elemento del 'colore'.
A sostegno dell'analisi, si è utilizzata la suddivisione in sequenze esposta nel paragrafo precedente, riportata tra le schede di lavoro.



LA VISTA E IL VEDERE

In tutto il cinema di Shyamalan possiamo trovare degli elementi legati alla 'vista' e al 'vedere', sia nel suo stile di regia, - fatto di pianisequenza, inquadrature con elementi che disturbano la visione della scena,  fuori campo - , sia nelle caratteristiche dei suoi protagonisti: ne Il sesto senso (1999) il bambino protagonista (Haley Joel Osment) "vede la gente morta", esprimendo così il suo sesto senso; in Unbreakable (2000) David Dunn (Bruce Willis) ha il potere di vedere i crimini commessi dalle persone; in Signs (2002) Graham Hess (Mel Gibson) ha la capacità di tradurre i 'segni' del mondo; Lady in the water (2006), film successivo a The Village, mostra come la 'vista' degli strumenti atti a salvare una ninfa dell'acqua che deve tornare a casa, sia suddivisa tra più personaggi.
Nei film meno conosciuti precedenti a Il sesto senso, ovvero Praying with anger (1992) e Wide awake (1998), si noterà come il concetto della 'vista' sia legato molto al concetto di 'conoscenza', elemento che sarà sempre presente nei film successivi, ma in maniera meno evidente.


Lo sguardo esterno e ostruzioni visive

Titoli - Il film inizia con i titoli di testa sovrapposti e intrecciati ai rami degli alberi, i quali impediscono una visione chiara di ciò che c'è dietro di essi. La sensazione visiva creata proietta subito lo spettatore in un'atmosfera cupa che si ritroverà poi in tutto il film.
La macchina da presa (da ora, m.d.p.) compie dei movimenti ora in basso, ora in alto, come per tentare di trovare un punto da cui poter vedere meglio il cielo, che si intravede essere grigio e cupo. Già da queste prime immagini si percepisce che una delle tematiche del film è sulla limitazione del visibile, dove anche le nubi sono un ostacolo per una visione più ampia del cielo.

Funerale - La prima scena è chiarificatrice di come verrà gestito il film dal punto di vista stilistico. Varie persone vengono inquadrate di spalle e la m.d.p. sembra muoversi dietro ad esse come per cercare di vedere meglio ciò che sta accadendo. Poco distante si intravede un uomo che piange sulla bara del figlio, entro un piccolo recinto.
Saranno pochissimi i momenti in cui si riuscirà a vedere chiaramente e globalmente tutto quello che è ripreso. Non ci sono totali nel film, ma solo inquadrature singole impallate sempre da diversi elementi: un tavolo, l'angolo di una casa, i rami degli alberi, le persone, una bandiera, una rete, ecc…
Inoltre, sembra esserci costantemente un occhio esterno che cerca di osservare cosa sta succedendo all'interno del villaggio: alle volte proviene dalla foresta, alle volte si unisce agli abitanti, altre volte si ferma dinnanzi a loro. Quando questo 'sconosciuto scrutatore' riesce ad avere una chiara visione di ciò che accade si avranno delle scene importanti o dei dialoghi rivelatori, come se egli stesso imponesse la propria presenza per poter osservare al meglio e senza ostacoli ciò che sta avvenendo. Tali avvenimenti vengono enfatizzati dall'uso di piani sequenza e movimenti di macchina in steady cam o su carrello che 'inseguono' i personaggi senza mai stacchi di montaggio.  (si vedano scene Confessione di Edward, Una creatura attacca Ivy).
Elemento interessante di questo sguardo extradiegetico è che sembra dare veridicità a tutto ciò che avviene, come se senza di esso la realtà immanente del film non esistesse. Vediamo come l'utilizzo del fuori campo venga a sostegno di questa ipotesi.


Il fuori campo, il 'non-vedere', la cecità

Ritornando alla scena del funerale si scopre un altro dei motori fondamentali del film, ovvero il fuori campo. Questo elemento viene introdotto nella sequenza S2, a cavallo tra le due scene che la compongono. Notiamo nella scena funerale un'anticipazione acusmatica di una voce che si scoprirà, nella scena successiva, essere di Edward.
August (Brendan Gleeson) sta piangendo sulla bara del figlio morto e gli sentiamo pronunciare le parole «chi mi darà la mano per sostenermi?». La scena cambia e ci troviamo al Pranzo del funerale in cui la m.d.p. inquadra August seduto accanto a un uomo in piedi di cui non si vede il volto. L'anticipazione acusmatica ha permesso lo stacco sullo stesso soggetto, August, senza ripercussione logico-narrative e allo stesso tempo ci ha aiutato a comprendere che il voice-over è di quel personaggio che non è attualmente inquadrato dalla m.d.p.. La voce continua in fuori campo e la camera riprende sempre August il quale, alle parole di Edward «queste occasioni così tristi ci portano a pensare sul perché siamo venuti ad abitare qui», stringerà la mano all'amico per sostenerlo, ma soprattutto per trattenerlo dal rivelare qualcosa di inappropriato. C'è da notare lo strano parallelismo tra le parole di August rivolte al figlio e il gesto dello stesso August di stringere la mano a Edward per aiutarlo. Subito dopo tale gesto, infatti, Edward dirà «rendiamo grazie per il tempo che ci è stato concesso» riottenendo così il controllo sulla situazione dando finalmente la possibilità alla m.d.p. di inquadrare il suo volto.
Questo trauma, infatti, pone le prime domande e i primi dubbi a coloro che hanno voluto creare tutta l'illusione del villaggio. Questo disagio dovuto all'incipiente sgretolamento di quell' utopia che mirava a fuggire dal dolore, inizia a coinvolgere anche gli altri abitanti, ignari di tutto l'inganno. Ma a ristabilire l'ordine ci penseranno i suoni e i rumori emessi dalla 'creature mostruose' che risiedono nella foresta, che si fanno sentire ma non si fanno vedere, un altro stratagemma per esaltare nuovamente l'uso stilistico e il valore del fuori campo.
Abbiamo visto, quindi, una serie di azioni che ne avviano altre. Tali azioni cominciano tutte in fuori campo. La voce, le persone, i rumori delle creature, non fanno altro che dare inizio a un'altra serie di azioni. Lo stesso funerale, di cui non si è visto praticamente niente se non il pianto del padre affranto, ha dato modo ai dubbi di Edward di venire in superficie. Lo spavento degli abitanti del villaggio è dato dai versi dei mostri, ma non dai mostri stessi. 
Quindi se si analizza meglio la struttura del film si potrà notare come il motore di ciascuna azione avvenga sempre 'fuori campo' e che non esiste una scena funzionale a se stessa (ci sono solamente 3 sequenze di pochi secondi che servono a far capire l'autosufficienza del villaggio, ma anch'esse non hanno una loro funzionalità se non al rimando che la vita va avanti anche dopo un lutto).
Il regista fa un uso molto sapiente del fuori campo, quasi strategico. Potrà essere sufficiente fare una piccola analisi di una particolare scena per capire che viene usato anche come elemento della trama del film: Lucius oltrepassa il confine - Si ha una leggera panoramica che inquadra Lucius mentre si dirige su un punto fuori campo. La panoramica continua spostandosi sulla sinistra a scoprire l'obiettivo su cui si sta dirigendo. E' un arbusto di bacche rosse. Raggiuntolo, l'uomo viene distratto da un rumore proveniente ancora dalla sinistra dell'inquadratura e di nuovo, a continuare, viene ripresa una piccola porzione di bosco nella quale si intravede una creatura che fugge nel momento in cui la m.d.p. cerca di inquadrarla. Non ci è dato sapere se questa sia una delle 'creature mostruose' che abitano il bosco, perché se ne vede solamente una piccola porzione per un istante. Ma si vede chiaramente che non c'è una delle connotazioni principali che le distinguono: il colore rosso.
Ciò ci porta a considerare il fatto impossibile per Lucius di non aver visto una qualsiasi creatura che si sarebbe dovuta trovare esattamente di fronte a lui. Utilizzando sapientemente il fuori campo, dunque, il regista induce lo spettatore a credere che la strana creatura fosse una delle creature innominabili per via della presenza del 'colore del male' nell'inquadratura precedente. Fa credere inoltre che Lucius si sia accorto della strana presenza solo una volta raggiunto l'arbusto e dopo aver sentito alcuni strani versi. Questo comporta l'attivarsi di alcune dinamiche inconsce del protagonista che lo porteranno a credere di aver visto "quelli che non devono essere nominati", ovvero le creature, e a comportarsi di conseguenza. Ma, come detto, ciò è impossibile per via della posizione spaziale degli enti coinvolti, quindi lo spettatore viene ingannato per ben due volte.
Il 'non-vedere' è dunque parte degli abitanti del villaggio, che in qualche modo sembrano 'percepire' solamente il profilmico e non gli eventi nel loro insieme reale.
Oltre a questo caso, ci sono anche altri esempi di questo tipo, come ad esempio un momento della scena dell'attacco delle creature (Lucius intravede una creatura), oppure un momento durante il turno di un giovane su una delle torri di guardia (Allarme dalla Torre). 

La 'vista'  e il 'vedere' nei personaggi principali

Il personaggio che sembra non subire l'effetto del 'non-vedere' è Ivy. La sua cecità, paradossalmente, la protegge dal profilmico. Per lei tutto esiste perché effettivamente non ha un filtro con cui guardare le cose. Gli altri abitanti sembrano vedere con il filtro dell'inquadratura, mentre Ivy percepisce tutta la realtà.
«Io vedo il mondo. Solo che lo vedo diverso da come lo vedi tu» dirà a Lucius, frase che fa comprendere come lei percepisca molto di più di quanto non sia dato agli altri percepire della realtà.
L'intero tema del 'vedere' gira intorno ad Ivy, non solo dal punto di vista filmico, ma anche dal punto di vista narrativo.
Ad esempio dopo l'accoltellamento di Lucius che sconvolge tutti gli abitanti, Edward dice alla figlia «tu vedi la luce quando c'è solo tenebra», individuando nella sua forza d'animo, nelle sue intenzioni e nei suoi sentimenti, la soluzione al problema che corrode e addolora l'intero villaggio.
Quando Ivy, convinta dal padre, attraversa la foresta alla ricerca di una medicina che salverà la vita del suo amato, accadono due cose molto interessanti.

Sola di notte nella foresta -  Durante la notte cerca di tapparsi le orecchie per non sentire più i suoni e i rumori provenire dall'esterno (cfr. 'Frame 6' in appendice). Lei vive di solo udito e per il suo modo di percepire il mondo, come abbiamo detto, tutto esiste attraverso i suoni. E' affaticata quindi da tutti i suoni acusmatici che gli altri possono 'filtrare' normalmente, ma che per lei sono la trasposizione visiva della realtà. Per Ivy tutti i suoni sono importanti e a lungo andare tutto può risultare assordante, ma non la realtà visiva.
Il regista sottolinea tutto ciò facendo svolgere la scena di notte. Ma non avrebbe senso dal momento che per Ivy tutto è sempre buio. Avrebbe potuto ambientare la scena in un altro momento, ma invece ha scelto il nero e il buio della notte. La scelta acquista senso solo se si sposta il punto di osservazione dalla parte dello spettatore. Il buio è l'elemento antico della paura, delle incertezze e del disorientamento. 
E' lo spettatore che assieme ad Ivy si sente sperduto,  non solo per quello che sente ma anche per quello che vede.

Una creatura attacca Ivy nel bosco - La seconda scena, anch'essa meritevole di attenzione, si riferisce a quella dell'attacco della bestia. Grazie alla sua cecità, Ivy riesce a vincere la creatura che la attacca. Con il suo corpo cela alla vista dell'aggressore un profondo fossato, da lei prima scoperto. La creatura corre verso di lei per attaccarla e Ivy, spostandosi all'ultimo istante, la fa cadere nel fossato.
Così Ivy si salva dalla  bestia. Abituata a dedurre le situazioni solo attraverso i suoni senza essere ingannata dalle apparenze, ha di fatto trasformato il senso della vista del suo aggressore in uno svantaggio per lui. Quando ha percepito l'arrivo della bestia, Ivy ha sfruttato l'abitudine dei vedenti di affidarsi solo alla vista e ha nascosto il pericolo con il proprio corpo per attirare l'attenzione, contando sul fatto che chi vede è preso dall'immediatezza delle cose così come si presentano agli occhi e non come sono in realtà.
Altri personaggi daranno alla cecità di Ivy vari significati, dimostrando però come essi stessi deleghino al solo senso della vista tutta la realtà percepita.
Nella foresta Finton Coin (Michael Pitt), incaricato di fare da scorta ad Ivy (Coin va via), nel cercare una scusa per nascondere la propria codardia, sostiene che le creature la lasceranno vivere in quanto cieca e innocente, mentre uccideranno lui che invece può vederle.
Un'anziana del villaggio rimprovera Edward di aver lasciato andare la figlia nella foresta perché è cieca e quindi indifesa (Dubbi degli anziani);
Al contrario Noah le dice chiaramente di non approfittare della sua cecità per vincere una corsa (Corsa alla roccia), identificandosi così per quello che è, ovvero una persona libera che oltrepassa i confini dell'apparenza quando e come vuole, e che non è mosso da nessun tipo di pensiero indotto. E' la pura libertà.
Un altro personaggio per il quale il 'vedere' è molto importante è Lucius. Egli infatti cerca di svelare i segreti del villaggio e di portarli alla luce. Cerca di affrontare le sue paure personali e superstizioni con lo scoprire cosa c'è veramente nel bosco. Infatti, si rende conto di essere sottoposto ad una visione parziale del mondo e cerca di uscire da quell'unica realtà visibile che in effetti non lo convince. Come per altri personaggi, c'è da fare una piccola riflessione sul suo nome: Lucius. Il riferimento del nome latino alla luce è chiaro. Potrebbe venire dal sostantivo lux, lucis oppure dal verbo lucere, "albeggiare", o in senso figurato "nato con la luce" o "portatore di luce". Una scelta da parte del regista di voler affidare un nome di senso simbolico in base alla sua voglia di svelare i segreti e gli inganni del villaggio e portarvi quindi luce.


Le soggettive

Per capire le dinamiche della realtà e della conoscenza, molto importanti nel film sono le soggettive.
Sono solamente quattro e una di esse è una soggettiva impossibile.
Noah gioca con altri ragazzi - La prima riguarda Noah: mentre si sta picchiando per scherzo con alcuni giovani del villaggio viene redarguito da Ivy. Noah è uno spirito libero in tutto ciò che fa, nel bene e nel male e il regista vuole dimostrarlo affidando a lui la responsabilità della soggettiva, come a voler suggerire che solamente tramite i suoi occhi si può vedere la vera realtà dei fatti. Lui è l'unico che ride e si diverte quando si sentono i rumori del bosco che terrorizzano tutti o quando le creature attaccano il villaggio. Noah ride perché sa che è tutta una messa in scena, e ridendo senza nulla svelare, fa si che quello che per lui è un gioco continui (6). Potrebbe infatti svelare la realtà dei fatti, ma non lo fa perché questo lo rende libero di agire come vuole e di approfittare della situazione. Inoltre è tramite questa soggettiva che il regista ha l'occasione di presentare il primo incontro (per lo spettatore) tra Ivy e Noah, forse per indurlo a pensare che il ragazzo vede la ragazza veramente per quello che è, senza pregiudizi. Egli è in grado di guardarla negli occhi con tutto il proprio amore.

La roccia della tranquillità - La seconda è una soggettiva impossibile in quanto affidata ad Ivy. Nonostante sia cieca, sente il bisogno di coprire con le mani le bacche di colore rosso. La sua cecità impedirebbe, narrativamente parlando, questa inquadratura, ma permette al regista di presentare quella parte di Ivy legata alla superstizione, che poi sarà svelata in maniera più evidente in alcune scene successive, e alle sue dinamiche inconsce che ci fanno supporre come la 'realtà del visibile' degli altri l'abbia condizionata.

L'accoltellamento - La terza e la quarta soggettiva sono affidate rispettivamente a Noah e a Lucius nella scena dell'accoltellamento, ma si rimanda la spiegazione di queste due inquadrature nell'analisi della scena a pagina 44.


La vista come conoscenza

Per meglio approfondire questo punto, sarà utile permettere una argomentazione dal punto di vista dello spettatore.
Per quanto  è dato sapere quello che si vede è la realtà: c'è una lapide che ci informa dell'anno in cui è ambientato il film, il 1897; si capisce che è un villaggio autosufficiente in quanto è fornito di acqua corrente, coltivazioni di ortaggi e pecore per la carne e la lana; a prima vista sembra un quadretto di vita normale, con persone semplici e trasparenti.
Però non è una situazione che viene approfondita, quindi quello che si sa di questa realtà è molto poco: si capisce che ci sono degli anziani che governano, che ci sono delle tradizioni e che ognuno ha un proprio lavoro, anche se a proposito di ciò non si sa nulla di specifico.
Ma ci sono dei segreti che emergono pian piano e che  iniziano ad  incrinare quello che si sa della realtà: dei rumori provenienti dal bosco; il 'colore del male' (come lo chiameranno gli stessi abitanti del villaggio); delle strane cassette il cui contenuto non  è dato saperlo; degli amori non espressi.
Successivamente, si scopre che tutto quello che si vede non è reale: che non è il 1897; che il villaggio, le creature innominabili e tutte le storie degli anziani, sono in realtà frutto di una grande e articolata messa in scena.
Quindi il 'vedere' qualcosa non dimostra che esso esista veramente: il fatto che il regista voglia far intendere che si è nel 1897, non vuol dire che sia veramente quell'anno; il fatto che si vedano delle creature con il manto rosso, non vuol dire che queste esistano (7).
L'acquisizione dei  fatti e degli avvenimenti, così come vengono posti allo spettatore, non dà quindi la conoscenza: qui Shyamalan aiuterà a chiudere il discorso utilizzando, come in tutti suoi film, il cosiddetto twist ending ovvero un finale sconvolto e sconvolgente che spiega tutto o una parte del tutto.
Il twist ending capovolge tutto quello che i protagonisti del film e gli spettatori stessi hanno da sempre pensato di conoscere. La conoscenza dei fatti reali è ben più di quello che semplicemente 'si vede'.
Shyamalan esprime questo concetto anche nei film precedenti:
ne Il sesto senso, pur mostrando tutti gli elementi utili per capire la vera condizione del protagonista (morto di morte violenta), è solamente alla fine che lo spettatore comprende improvvisamente la sconvolgente verità sulla sua natura;
in Unbreakable fa crescere lo spettatore insieme al protagonista fino a far capire cos'è la vista-conoscenza, ovvero quel  potere che gli permetterà di scoprire il proprio ruolo nel mondo;
in Signs mette alla prova la fede del protagonista e anche quella dello spettatore. Fornisce tutti gli elementi come ne Il senso senso, ma di un quadro generale più grande che non si potrà vedere fino a quando, tramite l'accettazione delle responsabilità del protagonista, i segni di questo grande quadro non saranno visibili;
The Village, lavoro che gode del frutto delle esperienze passate, è stato un po' come un esame finale. È come se avesse teso una trappola allo spettatore per metterlo alla prova, per vedere se si sarebbe compresa veramente l'importanza del messaggio che gli viene posto: non fidarsi solo di ciò che si vede, in nessuna situazione;
con Lady in the water Shyamalan ha unito tutti i suoi 'punti di vista' come se fossero 'insegnamenti': tutti gli elementi per capire i fatti sono visibili; ogni uomo ha un ruolo nel mondo e nulla accade per caso; ciascuno di questi uomini deve prendersi le proprie responsabilità per un bene più grande e avere fede in esso; e per ultimo, che quello che  appare non sempre è la verità.

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